Fermo o forse sparo

In Italia esiste una reale libertà di agire dell’individuo entro i confini della propria proprietà? E con libertà di agire mi riferisco anche alla possibilità di autodifesa. Questa sovrastruttura tentacolare, lo Stato, con il suo eccesso di legittima difesa, invece, non me lo permette. Dovrebbe. Dovrebbe lasciarmi libero di scegliere, libero di agire come meglio credo, tanto più quando sono entro i miei confini.

Diversi sono stati gli episodi, negli ultimi giorni, che hanno scatenato un acceso dibattito da parte di esponenti diversi della politica nostrana. L’europarlamentare e sindaco di Borgosesia, Buonanno, ha persino detto di voler introdurre il “bonus pistola”. Un pensionato, Francesco Sicignano, spara a Gjergi Gjoni, immigrato albanese senza permesso di soggiorno ed è subito polemica, con tanto di perizia psichiatrica per l’anziano. Il pensionato gli spara perché il clandestino gli è entrato in casa. (That’s it). D’altronde, se qualcuno ti entra in casa non certo per prendere latte e biscotti, se poi è un immigrato clandestino con tanto di precedenti, di certo non gli stendi il tappeto rosso quando sorpassa la soglia.

Cattura

Altra vicenda è quella di Ermes Mattielli da poco condannato per aver sparato ripetutamente a due ragazzi, due nomadi, con l’accusa  di essersi accanito. Li aveva scovati a rubare del rame dalla sua tenuta. Ora,  mentre lui passera i prossimi 5 anni in carcere, i due stranieri riceveranno un indennizzo di quasi 150.000 euro.  Joe Formaggio, qualche giorno fa, ospite da Cruciani, su radio 24, ha affermato:  “se qualcuno prova ad entrarmi in casa, gli sparo in faccia e quello si trova le cervella nelle scarpe da ginnastica”. Una frase che, certo, non ha bisogno di ulteriori chiarimenti. Chi può dargli torto. E’ possibile che non si possa avere il diritto di difendere ciò che costituzionalmente inteso come la naturale estensione della propria persona, come meglio si crede?  Senza contare che spesso da un semplice furto in appartamento si arriva, poi, ad atti di violenza nei confronti di chi nell’appartamento ci abita. E’ un mio diritto, allora, difendere nella maniera più opportuna l’integrità dei miei cari e dei miei beni quando  questi sono messi in pericolo.

In paesi civili, come gli US, tutto ciò è supportato dalla tesi che la vita, la  proprietà stessa ed il suo naturale e sereno godimento siano diritti fondamentali ed inalienabili per l’individuo e perciò difendibili con ogni mezzo se seriamente minacciati. In una società libera tutto si basa sul concetto di proprietà privata, intesa come sfera intangibile, che nessuno può intaccare coercitivamente. Se poi Lo Stato non riesce a garantirne la dovuta protezione, interna od esterna, un via libera alla detenzione di armi è dovuto. Altro che sconfitta della civiltà.

Con la legge 13 Febbraio 2006 n.59 il legislatore ha inserito due nuovi commi all’art 52 del c.p. sulla legittima difesa. L’intento è di accordare ad i cittadini onesti uno strumento contro i malfattori. Nel nostro paese, invece, dove il paternalismo ed il politicamente corretto regnano sovrani, una conquista della civiltà è stata bollata con la formula mediatica “licenza di uccidere” e non sono mancate le polemiche sulla costituzionalità della stessa legge citata. “Dalla nostra costituzione (la più bella del mondo) -a detta degli addetti ai lavori- “si ricava il superiore valore del bene vita, rispetto al bene patrimonio”
Ora, Joe Formaggio a parte, siete sicuri che esistano sostanziali differenze fra il bene vita ed il bene patrimonio? Io, sinceramente, non credo.

                      Filippo Camerada feat. Azzeccagarbugli

Colpevoli fino a prova contraria

Prima di tutto i fatti: da oggi, l’Agenzia delle Entrate avrà la facoltà (e ne siamo certi: la utilizzerà) di accedere ad ogni rapporto finanziario intercorso durante il 2013 tra ciascun contribuente italiano ed il suo istituto bancario.
Più precisamente, il Provvedimento 18269 emanato dal Direttore dell’Agenzia richiede ad ogni intermediario finanziario operante sul territorio italiano di comunicare, appunto entro il 2 marzo, tutti i rapporti instauratisi nel 2013; il termine per la comunicazione dei dati relativi al 2014 è fissata invece per il 29 maggio.

Niente di nuovo sotto il sole: i più attenti ricorderanno infatti che la decisione fu presa per la prima volta nel 2007 per quanto riguarda le comunicazioni mensili, e nel 2010 per le comunicazioni annuali. Il ritorno in auge della questione è dovuto al fatto che per 2013 e 2014 era (stranamente, ci concederete) stata disposta, sempre per mano dell’Agenzia delle Entrate, l’interruzione del flusso di informazioni. Il recente provvedimento strutturalizza ciò che da oggi in poi diventerà prassi: dal 2016, entro il 15 febbraio andranno comunicati i dati annuali dell’anno solare precedente.
Analizzando nel dettaglio il documento, si nota come i dati da comunicare posseggano un livello di dettaglio notevole: non solo saldi di conti correnti, ma persino il numero volte in cui un titolare abbia avuto accesso alla propria cassetta di sicurezza. Ma non è finita qui: anche i “non-titolari di rapporto” sono interessati dal provvedimento. Le banche dovranno infatti trasmettere anche le operazioni “allo sportello” (come prelievi di contante presso una banca diversa dalla propria, oppure acquisto di valuta estera), a prescindere che si parli di 10 o 10.000€. Tutto normale?

Meh.ro10062

Il punto nevralgico della questione è l’utilizzo che l’Agenzia delle Entrate farà dei suddetti dati. Il Decreto Legge 201 del dicembre 2011 varato dal governo Monti stabiliva che le informazioni dovessero esclusivamente essere impiegate al fine di redigere delle liste di controllo selettive (“sono utilizzate dall’Agenzia delle entrate per la individuazione dei contribuenti a maggior rischio di evasione da sottoporre a controllo”). Con la recente legge di stabilità approvata dal governo Renzi si passa dalla padella alla brace, dal momento che si legittima un uso molto più ampio dei dati annuali, come specificato nell’articolo 1, comma 314: “Oltre che ai fini previsti dall’articolo 7 […] le informazioni comunicate […] sono utilizzate dall’Agenzia delle entrate per le analisi del rischio di evasione. Le medesime informazioni, inclusive del valore medio di giacenza annuo di depositi e conti correnti bancari e postali, sono altresì utilizzate ai fini della semplificazione degli adempimenti dei cittadini in merito alla compilazione della dichiarazione sostitutiva unica […] nonché in sede di controllo sulla veridicità dei dati dichiarati nella medesima dichiarazione”. Le procedure sottostanti le “analisi del rischio di evasione” sono ancora in attesa di essere ufficialmente rese note, ma, per esperienza, tenderemmo ad adottare un’interpretazione estensiva del concetto e, molto probabilmente lesiva della libertà individuale.

Chiara e decisa deve essere la posizione contro questi provvedimenti infidi e liberticidi: infidi perché sempre più spesso la vera natura dell’atto è mascherata dietro al sempreverde e pericoloso ricorso al ragionamento del “tutto è lecito pur di combattere l’evasione fiscale”; liberticidi perché attraverso un innegabile condizionamento, perseguito per mezzo del controllo sistematico, questo Stato osservatore, sempre più impostato sulla “cultura del sospetto”, commette un vero e proprio atto di violenza nei confronti delle scelte economiche del singolo individuo e, dal momento che la libertà economica è condizione necessaria e presupposto irrinunciabile di quella individuale, anche verso quest’ultima.
Contro i benpensanti statalisti che sistematicamente si inchinano al Fisco, contro i salotti buoni della stampa, che “come facciamo a criticare? È per la lotta all’evasione!”, e contro i vari organi presunti garanti delle libertà democratiche fondamentali, sempre pronti a questionare su cavilli burocratici ma altrettanto sempre colpevolmente muti quando un ente statale compie impunite intrusioni all’interno della vita privata dei cittadini siamo, oggi come sempre, #dallapartedeglioppressi.

Gianluca Franti

E’ stato li zingheri sono stati, zingari!

Qualche giorno fa, rispondendo a varie osservazioni polemiche, l’ottimo post di Nicola Rossi spiegava le ragioni della nostra campagna dalla parte degli oppressi.
Mancava, forse, un esempio lampante delle conseguenze pratiche dell’impostazione criticata dal post, ossia quella per la quale “la giustizia diventa un presidio del perbenismo, uno strumento mediatico le cui condanne sanno di lieto fine di una soap opera” e nel quale l’innocente la cui condanna fa poca impressione non fosse un soggetto di per se’ famoso, o quantomeno noto.
La quotidianita’ ci viene immediatamente in soccorso, grazie all’episodio del video girato, si supponeva, da un gruppo di rom alla guida di un’auto della polizia. Si e’ poi scoperto, e non era difficile, che l’auto era probabilmente una vettura di scena: mancava la targa, e poi non e’ esattamente cosi’ semplice sottrarre un’auto delle forze dell’ordine e portarla in giro. Troppo tardi, perche’ era partito il solito coro di opinioni moderate: inviti a piazzare i rom nei forni, a farne saponette, pacate analisi di opinionisti affermati che senza timore di smentita dicono, in generale e senza distinzioni, che “i rom sono un problema”.

Screenshot 2015-02-20 13.13.08

Ora, chi scrive su questo blog non invochera’ mai una censura per le parole altrui, fossero anche dense di violenza, idiozia e incapacita’ di andare oltre il becerume da bar. Ci permettiamo, pero’, di farvi notare che stare dalla parte degli oppressi significa anche questo: ricordare al mondo che il club dei brutti, sporchi e cattivi, come ormai sono i supposti evasori, gli spacconi e i cafoni, include da sempre “gli zingari”. A prescindere dalla responsabilita’ individuale e dalla storia di ciascuno, come sempre accade quando si mette un criterio sostanzialmente estetico davanti a valutazioni razionali, basate su un sano individualismo e su un po’ di salutare, robusta ironia.

P.S.: per fortuna che l’auto non era davvero della polizia. Adesso possiamo ammettere che il video di quei tizi che facevano evoluzioni nel parcheggio, rom o non rom, era divertentissimo.

Luca Mazzone

Dalla Parte Degli Oppressi

Questa galleria contiene 2 immagini.

“Dalla Parte Degli Oppressi” è da ormai un anno il tema fondamentale della campagna di Studenti Bocconiani Liberali, ed ha generato sorrisi, fastidi e candide constatazioni d’inopportunità. Dolce e Gabbana, Corona, Brigitta Bulgari… perché loro? Perché non i bambini affamati? … Continua a leggere